Anche stavolta il viaggio impiega quasi tutta la nostra giornata, nel tardo pomeriggio raggiungiamo Jaipur, “La città Rosa”, nome dovuto agli intonaci dei palazzi, anche se l’effetto cromatico è meno evidente dell’indaco di Jodhpur. Questa città fu fondata il 18 Novembre 1727, in un territorio semidesertico. Oggi giorno è la capitale del Rajasthan ed il più grande centro d’affari dello stato, con tutti i requisiti per essere definita metropoli.
Prima di raggiungere l’hotel, il nostro autista ci obbliga a fare la prima tappa “consigli per gli acquisti”. Si tratta di un negozio di spezie gestito da una ragazza, è la prima volta che troviamo una donna imprenditrice, è molto simpatica e parla un po’ di italiano, così Kinzica decide di far compere optando per una busta di curry che basterà per i prossimi dieci anni ed una busta di thè, che entrambi non beviamo. Il tutto alla modica cifra di 1700 rupie, che qui valgono una cena di lusso.
Finalmente l’autista ci porta all’hotel… ma sembrano esserci dei problemi! L’agenzia di Delhi aveva prenotato erroneamente la nostra camera per il giorno precedente al nostro arrivo, il risultato è che l’hotel aveva ceduto la nostra prenotazione ad altri ospiti, peccato perchè sembrava davvero bello. Nessun problema però, da New Delhi ci prenotano subito una stanza al Jaipur Heritage, un palazzone che non ha niente di tradizionale, ubicato in un luogo dimenticato dagli dei, dove puoi trovare blatte nelle stanze e colonie di piccioni nella zona ristorante. L’unica fauna sopportabile è composta da scimmie che attraversano giardino, ma senza fermarsi, come se anche loro detestassero quel luogo.
Stasera abbiamo deciso di regalarci una cena al Little Italy, ristorante italiano gestito da indiani. I prezzi decisamente alti, ma fortunatamente il prezzo qui è sinonimo di qualità, quindi fermiamo il primo tuk tuk e non contrattiamo perché ha il tassametro, che alla fine della corsa indica 80 rupie, ma ovviamente ne abbiamo pagate 120, non sappiamo ancora il perché. Dopo la pizza e la bruschetta ce ne torniamo al tugurio dove siamo alloggiati.
Il mattino seguente cominciamo con l’Amber fort, situato un po’ fuori della città, per noi comunque di strada. Questo palazzo fortificato si erge come al solito su un altura, ma quello che non avevamo preventivato è che stavolta il nostro autista non può raggiungere la porta principale, quindi dobbiamo percorrere la ripida salita. Gli Indiani, che ne sanno una più del diavolo, sanno come “coccolare” i loro pigri turisti e mettono a disposizione un’intera flotta di elefanti. Mille rupie per una pachidermica passeggiata di venti minuti. Devo ammettere che sono animali davvero affascinanti e le loro sedute sembrano davvero comode, ma dopo il camel safari ho promesso che non monterò più in groppa a nessun animale. Pur essendo vero che non sono un campione di coerenza, sono passati solo pochi giorni dalla mia promessa e Kinzica concorda con me sul salire con le nostre gambe.
Dopo il calvario subìto per raggiungere il palazzo, sotto il sole rovente, schivando elefanti, venditori, false guide, capre, vacche, bambini ai quali regali una penna nera e ti rimproverano perché la vogliono blu, giungiamo ad un grande piazzale. Qui è il turno degli adulatori di barbe, sembra infatti che per gli uomini indiani, scordarsi in Italia il rasoio sia una virtù, quindi anche chi non ti vuole vendere niente si ferma e ti dice: “Nice beard! Like a Marajha”. Riusciamo a trovare un posto all’ombra per riposarci ed osservare il peregrinare della flotta di pachidermi che trasportano i turisti, con i buffi venditori che da sotto cercano di propinargli qualcosa… Perché una persona sana di mente dovrebbe acquistare un souvenir da un elefante in marcia? E tu, venditore indiano, quanti souvenir sei riuscito a vendere nella tua esistenza in questo modo? Vorrei porle a loro queste domande, ma non risponderebbero senza il previo versamento della mancia, quindi mi rispondo da solo.
Alla biglietteria del forte è possibile acquistare un biglietto composito valido due giorni al costo di 300 rupie, con questo è possibile visitare anche il Jantar Mantar, il Nahargarh Fort, l’Hawa Mahal , l’Albert Hall Museum ed il Madhavendra Palace, è davvero vantaggioso!
Dentro il forte è possibile farsi un idea di come si vivesse al tempo, con ingenti risorse finanziarie, ovviamente! L’hammam occupa un palazzo intero ed era più attrezzato delle normali terme odierne, che in un territorio semidesertico non è affatto male. Dalle finestre è possibile ammirare tutta la città e le imponenti mura fortificate che delineano il territorio, poco più giù ai piedi del forte, come una piccola isola, si scorge un magnifico giardino.
Questo forte è davvero labirintico, consigliamo quindi di spendere qualcosa in più per l’audioguida, altrimenti c’è il pericolo di non godersi a pieno la visita.
La sala delle udienze è uno spettacolo di intarsi in marmo e specchi, di fronte alla quale si trova un geometrico giardino arricchito da una fontana e canali di acqua.
L’ala dedicata alle donne (Zenana) è davvero molto grande, dalla corte è possibile accedere a tutte le residenze ad esse riservate. All’uscita ovviamente dovrete passare all’interno del negozio di souvenir del forte, con tanto di percorso obbligato simile a quello di un autogrill, ma appena usciti non perdetevi, sulla sinistra, l’entrata dell’antico tunnel che percorreva chilometri ed era utilizzato come via di fuga di emergenza. Ovviamente è possibile visitarne solo pochi metri, ma è davvero suggestivo, compresi i pipistrelli che soggiornano sul soffitto!
Ci fermiamo pochi istanti ad ammirare il lago Mansagar, prima dell’obbligatoria visita alla fabbrica di tappeti, compresa nel pacchetto “consigli per gli acquisti” del nostro autista. Stavolta la fabbrica di tappeti è interessante e merita menzione, qui abbiamo visto cosa significa fabbricare un tappeto a mano (ovviamente ne fanno uno ogni 5 mesi, il resto è palesemente di fabbrica), e come un tempo stampavano le fantasie sui tessuti.
Dopo il rituale quarto d’ora del “non compriamo niente, che ce ne facciamo di un tappeto più grosso di casa nostra?”, torniamo all’auto e ci facciamo portare verso il City Palace. Qui l’entrata costa 300 rupie, comprensive di macchina fotografica, ma prima di entrare ci fermiamo a mangiare qualcosa al “The Palace Cafè”, niente di entusiasmante, ma almeno la posizione dei tavoli all’ombra, offre la frescura di cui avevamo bisogno nell’ora più calda della giornata. Il City Palace fu costruito tra il 1729 ed il 1732, inizialmente da Jai Singh II, sovrano di Amber, poi successivamente ampliato dai successori fino al ventesimo secolo, e ancora una parte è adibita a residenza reale. All’interno del museo sono esposti numerosi dipinti, lavorazioni su pareti a specchio e decorazioni floreali, oltre ad una vasta esposizione di abiti d’epoca.
Il cortile interno presenta quattro portoni, decorati con il tema delle quattro stagioni. Nella sala delle udienze invece si trova un’esposizioni di armi e due enormi vasi d’argento, che sembra siano stati prodotti con 14 mila monete d’argento, fuso e senza saldature, ed è registrato nel Guinness Book of World Records come i vasi d’argento più grandi del mondo. In passato servivano per trasportare l’acqua del Gange, quando Singh II si recava in Inghilterra, perché era peccato bere l’acqua Inglese!
Nel salone chiamato Diwan I Aam sono esposti dipinti, miniature, testi antichi, scialli di Kashmir e tappeti, si tratta quindi di una galleria d’arte, nella quale è possibile vedere anche il trono d’oro sul quale i Maharaja sedevano durante le udienze pubbliche.
Nel Maharani invece sono esposte moltissime armi, alcune risalenti anche al quindicesimo secolo. E’ interessante notare quanto ingegno e quanti sforzi vengono canalizzati nell’industria della morte, ci sono infatti pugnali a forbice che una volta enrati nel corpo della vittima, si aprono sventrandola, oppure dei mini cannoni adatti al dorso del cammello, bastoni da passeggio che nascondono spade e numerose pistole a più colpi. Come ultimo museo troviamo il Bhaggi Khana, dove sono esposte vecchie carrozze e numerosi palanchini.
Usciti dal City Palace ci rechiamo all’adiacente Jantar Mantar, compreso nel nostro biglietto multiplo. Qui ci troviamo di fronte ad uno spettacolo decisamente meno convenzionale!
In questo complesso sono presenti numerose gigantesche strutture che servivano a determinare la posizione degli astri e calcolare l’ora precisa. Ve ne sono anche alcuni che servono soltanto per calibrare la precisione degli altri. L’atmosfera è tranquilla e mentre si cammina attorno a questi giganti non si può fare a meno di pensare che l’ingegno umano potrebbe essere dedicato maggiormente allo sviluppo di tutti, invece che allo sviluppo delle armi esposte in precedenza.
L’ultima tappa giornaliera ci porta a qualche chilometro fuori città, dove si trova il Madhavendra Palace. Questa antica residenza si trova in cima ad una collina ed è ottima per godersi il tramonto della città rosa, noi ovviamente arriviamo un po’ prima ed iniziamo ad esplorare il luogo. Questo palazzo è diviso in nove residenze, delle quali otto speculari, ognuna di esse presenta una stanza da letto, una cucina, un bagno, un magazzino ed una piccola corte interna. Le decorazioni interne ricordano molto lo stile europeo, che si combina perfettamente con quello prettamente indiano. Non perdiamo l’occasione per goderci il tramonto da questa splendida collina prima di rientrare in albergo.
Il mattino seguente ci fermiamo brevemente davanti all’Hawa Mahal, o palazzo del vento. Qui scendiamo dalla macchina, facciamo due foto e veniamo via, perchè il nostro autista ci ha detto che è visibile solo dall’esterno. Credo che in realtà non avesse il permesso per parcheggiare, per questo non abbiamo potuto vederlo. In ogni caso questo splendido palazzo è costruito con un architettura a nido d’ape, da qui le cortigiane e le mogli del regnante potevano osservare la vita quotidiana della città, protette dagli schermi intarsiati che non permettevano dall’esterno, di vedere all’interno. I palazzo veniva anche utilizzato nelle torride giornate estive, perché grazie alla sua architettura, è sempre attraversato da una fresca brezza.
La seconda ed ultima tappa giornaliera prevede l’Albert Hall, un museo all’interno del quale sono esposte antiche ceramiche, tessuti del tempo, manoscritti ed una particolare esposizione di strumenti d’epoca, in ogni caso la bellezza di questo museo sta nell’architettura dell’edificio stesso.
Jaipur ha veramente molti luoghi di interesse da offrire, ma le sue dimensioni, con il suo traffico ed il suo smog, la rendono veramente stancante, siamo quindi contenti di rientrare in macchina per dirigersi verso Ranthambore, dove ci aspetta il “tiger safari”!
3 Comments
Forse eravate stanchi, ma i vostri commenti rivelano insofferenza, critica, risultando addirittura poco rispettosi dei luoghi e della cultura di quel paese.
Ciao Guido, sicuramente eravamo stanchi. Lo stile di Alessandro, che ha scritto questo post, è sempre un po’ sarcastico, ma sinceramente non ci sembra di essere stati irrispettosi. Perché lo credi? Ha raccontato la sua esperienza dal suo punto di vista, prendendo anche un po’ in giro me che ho comprato mille cose inutili.
Detto questo, non abbiamo insistito sugli elefanti ma quella scena è stata davvero penosa. Vengono incitati a camminare usando delle specie di arpioni che lacerano e fanno sanguinare il retro delle orecchie dei poveri elefanti. Visitare un posto significa anche andare oltre l’apparenza patinata del viaggio in cui tutto sembra un episodio da mille e una notte.
Per me che ho sempre voluto fare un viaggio in India, che ho fatto la volontaria a festival di cinema indiano e ho sempre studiato divinità Hindu non è stato facile ammettere che non è tutto così poetico come spesso raccontano altri viaggiatori.
[…] Jaipur (capitale del Rajasthan) e Il tempio delle scimmie (10km ad est di Jaipur) […]