Non è facile scrivere della Sicilia, donna bruna, dai tratti decisi, a volte severi, prosperosa, feritile, taciturna e teatrale allo stesso tempo.
La Sicilia è donna.
La sua bellezza è reale perché resa viva da un carattere complesso, difficilmente decifrabile e ancor più difficile da raccontare. Si rischia di semplificare, di perdere dei pezzi, di esagerare, di sminuire, di dimenticare, di omettere.
A gennaio sono andata per la prima in Sicilia. Per la prima volta ci sono ritornata. Per la prima volta mi sono sentita più vicina a mio nonno, quel nonno che non ho mai conosciuto e che se ne è andato via presto, prima dalla sua terra natale poi da questo mondo.
Nonno però era originario della costa est, nato e cresciuto a Siracusa, mentre io sono andata a Palermo e Corleone, nella Sicilia più violata, resa famosa in tutto il mondo per fatti e persone che rappresentano l’anima nera di questa terra.
Una agenzia inglese si è inventata il “Sicily Mafia Tour” come se la mafia fosse un argomento di intrattenimento, una trama avvincente da rivivere in una rappresentazione da due soldi. Come se i luoghi ad essa associata potessero essere mercificati trasformandoli in parchi giochi colmi di povertà d’animo .
Forse, penserete voi, è facile per chi è lontano da queste realtà ridicolizzare uno degli argomenti* più seri e bui della nostra cara Italia (*la criminalità organizzata), ma sono tanti i tour operator nostrani a pensarla allo stesso modo. Non dico che sia giusto raccontare la Sicilia attraverso le fiabe, ma sono convinta che la stessa storia possa essere narrata da un punto di vista diverso, migliore.
Come ogni romanzo, non ci sono solo antagonisti e oppositori, non esiste solo la storia vissuta dal loro punto di vista. Si può parlare di mafia raccontando la Sicilia dell’antimafia. Si può dar voce ai veri protagonisti, ai loro aiutanti e destinatori.
Più forti sono gli antagonisti e più forti sono i protagonisti, ecco perché i posti migliori per toccare con mano l’antimafia sono proprio Palermo e soprattutto Corleone.
Corleone mafia|antimafia
I like it when a flower or a little tuft of grass grows through a crack in the concrete. It’s so fuckin’ heroic.
Mi piace quando un fiore o un piccolo ciuffo di erba crescono attraverso una fessura nel cemento. È così dannatamente eroico.
George Carlin
Grazie all’associazione Intus Corleone, che sta lavorando duro per valorizzare la città di Corleone e sviluppare nuove forme di turismo con l’obiettivo di restituire un’immagine diversa del territorio, ho conosciuto persone straordinarie, storie pazzesche di eroi sconosciuti, ho scoperto cosa era Corleone prima delle famiglie mafiose Navarra, Riina, Liggio, Provenzano e Bagarella.
Proprio qui, nel quartiere abitato dalle famiglie mafiose e in un edificio confiscato alla famiglia di Provenzano, è nato il laboratorio della legalità un luogo di sperimentazione continua, che ospita la bottega della legalità (dove è possibile acquistare i prodotti provenineti dai terreni confiscati alla mafia) e il museo della legalità, intitolato a Paolo Borsellino. Questo luogo è un laboratorio perché qui:
Si nutrono speranze, fioriscono visioni, iniziative, si costruiscono ponti e si abbattono muri, si coltiva la legalità attraverso un dialogo serio, continuo e magari sofferto. Un lavoro incessante su se stessi, prima che sugli altri, perché comporta la revisione dei propri stili di vita e la presa di coscienza che certa mentalità mafiosa, apparentemente innocua (e che ciascuno si porta dentro come un retaggio ancestrale) è in realtà un brodo culturale in cui si perpetuano atteggiamenti e comportamenti di cui l’illegalità e la mafia si nutrono.
Come ho detto prima, mafia e antimafia si scrutano negli occhi, entrambe sono e raccontano la Sicilia, come due fratelli o sorelle nate dalla stessa madre, nello stesso grembo, eppure così diverse, opposte. Quale miglior simbolo di questa antitesi di una donna corleonese che porta il cognome Bagarella, ma che non è imparentata con il boss mafioso, che racconta in modo straordinario la Corleone altro, la Corleone di prima, la Corleone del futuro, la Corleone fatta di personaggi valorosi, artisti, santi, politici, eruditi e patrioti?
Marilena Bagarella non è una guida qualunque, la sua preparazione da formatrice psicopedagogica e sociale plasma il suo modo di raccontare la città. La sua forza risiede nella capacità di creare empatia, di raccontare la storia di tutti, anche di coloro che non sono eroi, per cercare di capire, invece di giudicare, per entrare in un tessuto sociale difficile e che non si presta a semplificazioni e cieche condanne.
Una delle cose che ci ha raccontato al museo dell’antimafia e che più mi ha colpito è che, al contrario di quel che spesso si crede e si vede da lontano e dall’esterno, la componente femminile nell’educazione mafiosa è spaventosamente determinante. Sono le madri, le sorelle e le mogli che silenziosamente coltivano e nutrono quel mondo che ad un primo sguardo sembra essere abitato solo da uomini senza scrupoli.
Per citare un esempio, uno tra i più significativi: Saveria Benedetta Palazzo è stata la compagna di Provenzano per decenni e decenni. Mai la moglie, ma la convivente. Stiamo parlando della Sicilia anni ’70, dove certamente la convivenza non era uno status sociale accettato, almeno non per i comuni mortali. Saveria è rimasta incinta due volte mentre Bernardo era già in latitanza da più di dieci anni e alla polizia, che le chiedeva come fosse possibile che lei restasse incinta mentre dichiarava di non sapere dove fosse nascosto Provenzano, ella rispose:
“perché, solo con il proprio compagno si possono fare figli?“
Una frase molto forte anche per la Sicilia dei giorni nostri, una dichiarazione che dimostrava in modo irreversibile il totale appoggio e la profonda fedeltà al capo mafia, al suo compagno.
E sono sempre le donne che crescono i figli, i figli dei mafiosi che seguono le orme dei propri parenti, quei figli che non hanno altro che la mafia per sopravvivere o gli altri figli, quelli che vengono ammazzati perché osano urlare al mondo che loro la mafia la ripudiano.
Felicia Bartolotta, coniuge Impastato, è stata la madre di Peppino Impastato, ha sostenuto con coraggio la sua lotta ed ha combattuto per arrestare i responsabili della morte del figlio. Marilena crede fortemente che la cultura dell’antimafia deve essere coltivata (e tramandata) dalle donne, ed è per questo che molte delle attività culturali del laboratorio della legalità sono infatti pensate per coinvolgere i bambini, le loro madri e le loro famiglie.
La Mafia Antimafia è donna.
Il tour di Corleone inizia da Piazza Giudici Falcone e Borsellino. La piazza principale di Corleone, è stata intitolata a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1994 per veicolare un valore simbolico altissimo in quella che è sempre stata indicata come la roccaforte di “Cosa nostra”. La targa venne divelta e distrutta poco tempo dopo, perché se la cittadinanza antimafia manda un segnale chiaro, afferma che “noi ci siamo”, la mafia si sente in diritto di ricordare che anche lei c’è ancora.
Ma la targa è stata ripristinata subito dopo, proprio davanti alla caserma dei carabinieri. Una volta qui, proprio all’inizio del tour, aspettatevi di incontrare un angelo custode a quattro zampe che vi accompagnerà attraverso le vie del paese. Rossella è un cane che vive in strada, uno spirito libero coccolato e sfamato da tutti che però non ha padroni.
A mio parere Rossella incarna perfettamente lo spirito di Corleone, i suoi occhi malinconici svelano episodi nefasti e sofferenze profonde che hanno segnato la sua storia, ma al tempo stesso la sua dolcezza, la sua voglia di accompagnare degli sconosciuti alla scoperta del suo mondo rendono palese la voglia di rivincita, di speranza.
Credo che Corleone debba essere una meta obbligatoria per tutti gli italiani (e non solo) che vogliano approfondire il tema mafia|antimafia, per tutti i viaggiatori che cercano davvero di vedere il mondo attraverso nuovi occhi, per tutti coloro che dai propri viaggi chiedono qualcosa di più profondo e duraturo di un semplice momento di relax.
Nel prossimo post terrò a freno le mie riflessione e le mie divagazioni per raccontarvi nel concreto cosa vedere a Corleone.
Bando City Brand Corleone
Fino al 27 febbraio è possibile partecipare al concorso “City Brand Corleone” finalizzato alla realizzazione del marchio/logotipo per la promozione del territorio della città di Corleone. Tale marchio/logotipo dovrà essere rappresentativo delle peculiarità e di tutti gli elementi che compongono il volto della città. Il premio per il progetto vincitore è di 1000 euro, ma il premio più grande è sapere che la propria creatività darà forma al simbolo di rinascita di una città che ha pagato con il proprio sangue la sua stessa storia e che sta lottando per riscrivere il suo futuro. Tutte le informazioni le trovate sul sito di Intus Corleone.