[Preambolo: post scritto a settembre e concluso/pubblicato a novembre]
Si può sentire un dolore atroce che parte dal petto e si fa strada attraverso il corpo, lacerando l’anima, per l’improvvisa perdita di un “animale domestico”? Sì. Senza ombra di dubbio, sì.
Ho sempre avuto gatti, anche se un giorno mi piacerebbe avere anche un cane (un alano per l’esattezza). Nella mia vita, adesso, ci sono quattro leonesse (e una furetta, a volerla dire tutta). La più anziana è Dea, la gatta canadese che ho adottato dieci anni fa alla Ottawa Humane Society, durante il mio anno sabbatico nella nazione della foglia d’acero, poi c’è Snajda, la gatta che Alessandro ha salvato dal randagismo prima che ci conoscessimo, dolce con gli umani e generalmente insofferente verso gli altri gatti, e infine ci sono le sorelline (di sangue) arrivate la scorsa estate, Frida e Ginger, due selvagge che non si fanno vedere dai nostri amici perché sono terrorizzate dagli sconosciuti. La nostra bella famiglia a quattro zampe stava per andare in frantumi sabato notte.
Dopo una settimana di grande apprensione Snajda è riapparsa dalle tenebre con il viso musino e la mascella in condizioni pietose. Attacco di panico, corsa alla clinica 24h, pianti a dirotto e la radio che passa “Le tasche piene di sassi” di Jovanotti. Mentre Lorenzo canta “Sono solo stasera senza di te, mi hai lasciato da solo davanti al cielo e non so leggere (…) mi riconosci ho le scarpe piene di passi, la faccia piena di schiaffi, il cuore pieno di battiti” il veterinario ci dice:
Le strade sono due: o procediamo all’eutanasia, scelta che probabilmente farei se il gatto fosse mio, o proviamo a salvarla, ma sarò onesto, l’intervento è molto oneroso e le probabilità di successo sono basse… diciamo un 20-30%.
Non ce la siamo sentita di lasciarla sola, di abbandonarla nella sua lotta. Nonostante [il trauma cranico, l’occhio marcito e seccato come una prugna secca, la lingua tagliata, il canino staccato, conficcato nel palato fino al setto nasale, la mascella rotta e piena di larve] tutto, è riuscita a tornare a casa dopo una settimana di sofferenze e solitudine. Vanificare tutti i suoi sforzi con una iniezione sarebbe stato troppo crudele, avremmo tradito la sua fiducia.
Al momento [26 settembre 2014] Snajda è viva. Potrei descriverla come un “ciclope picassiano che respira come Darth Vader” e ogni tanto vederla ridotta così, che non riesce a mangiare senza di noi, che si dimentica di andare nella lettiera, che pesa quanto un soffio di vento, ci sconforta e ci domandiamo se abbiamo agito nel modo giusto. Un gatto che non riesce a fare la vita da gatto è un prigioniero, e se c’è una cosa che definisce l’identità dei felini è proprio la libertà. Il veterinario dice che è miracolata, che potrebbe farcela, ma che ci vuole tempo.
Mentre aspetto che la piccola Snajda torni ad essere la gatta che conosciamo (anche se con un occhio da pirata e una mascella un po’ anarchica) mi sono decisa a pubblicare il post dedicato ai viaggiatori amanti dei gatti, come me, o dei gattari incalliti che cercano un’idea per un viaggio. Adesso è arrivato il momento giusto.
[Epilogo a fondo pagina]
Se avete visitato un luogo che ogni amante dei gatti dovrebbe conoscere, fatevi avanti e raccontatemi la località attraverso una descrizione e una foto (inviate il vostro contributo a info[at]100days.it).
Grecia: la patria dei gatti randagi
I gatti sono un po’ il simbolo delle isole greche, dovunque andiate ne troverete a centinaia, solitamente sono alla ricerca di cibo e coccole e li incontrerete nei siti archeologici, nei pressi dei porti, dei ristoranti, dei negozi e degli hotel. Purtroppo però la maggioranza vive una vita di stenti e di malattie, i gatti grechi sono generalmente abbandonati a loro stessi e spesso mal sopportati dalla popolazione locale. Non molti riescono a sopravvivere all’inverno, quando la maggior parte dei turisti se ne va e le trappole con il veleno, posizionate vicino ai cassonetti, si moltiplicano. Sono davvero pochi i gatti che hanno una casa o che comunque vengono accuditi con amore. Ricordo bene il gatto rosso che viveva nell’hotel in cui ho soggiornato a Kos, quel povero micio stava male, era evidente, ma i proprietari non sembravano interessati al suo stato di salute, oppure, non avevano le risorse economiche per occuparsene. I gatti generalmente non vengono castrati e sterilizzati così a primavera si ripropone il problema della sovrappopolazione, delle malattie e della scarsità di cibo.
Istanbul: la capitale felina
Se volete conciliare il vostro amore spassionato per i gatti con la voglia di visitare una grande città intrisa di cultura, storia, vita, colori e profumi allora non potete più rimandare un viaggio in quello che potrebbe davvero essere “l’ombellico del mondo” (giuro, questo post non è sponsorizzato da Jovanotti!). Il luogo dove Occidente e Oriente fanno l’amore e la guerra, dove un mondo fatto di inclusione sembra possibile e dove, però, si sono consumate anche vicende molto tristi legate alla negazione dei diritti civili. Prima di vederlo con i miei occhi, erano stati altri viaggiatori a raccontarmi di aver visto davvero centinaia di gatti nel cuore della città. Come Valentina Paro di Diario in Viaggio che mi ha inviato questa bellissima foto:
Ad Istanbul mi sono persa il Stray Cat Hostel che si è ispirato alla mascotte non ufficiale di Istanbul per decorare l’ostello. Le pareti delle aree comuni sono decorate con disegni e murales a tema felino e l’area comune è il regno di tre gatti. Questo ostello offre anche una notte gratuita ai viaggiatori con doti artistiche che si mettono a disposizione per una performance o una decorazione.
Giappone: il regno dei gattofili
Il Giappone è la destinazione TOP per gli appassionati di gatti. Tokyo è diventata famosa per aver inventato i cat café, ovvero delle caffetterie dove è possibile bere qualcosa e socializzare con i gatti. In giapponese questi locali si chiamano “Neko” e ce ne sono, letteralmente, a centinaia. I più popolari sono: Shimokitazawa Cateriam, Nekobukuro in Ikebukuro, Curl Up Café in Haramachi e Nyafe Melange. Il 22 febbraio si celebra anche il “Nyan Nyan Nyan Day” (una specie di “Giornata del Mia Miao Miao”). Dopo tutto questa è la patria della star del web Maru (che significa “tondo”) uno Scottish fold sempre pronto a esser filmato e le sue buffonate hanno accumulato oltre 200 milioni di visualizzazioni. Oppure del fenomeno “Hello Kitty“, un vero caso di studio per chi si occupa di marketing. La CNN riporta che il Giappone conta il più alto numero di gatti di proprietà pro capite al mondo e sicuramente in questa nazione si trova l’unica isola al mondo in cui il numero dei gatti supera di gran lunga quello dei residenti. Sto parlando dell’Isola di Tashirojima, nei pressi di Honshu. In passato, gli isolani allevavano i bachi da seta e contavano sui gatti randagi per controllare la popolazione di topi. I pescatori che seguirono presero a cuore queste creature che si aggiravano tra le barche, concedendo loro un po’ di pesce. Con il tempo si sviluppò la credenza locale che prendersi cura dei gatti portasse fortuna. L’isola, oggi, è una popolare destinazione turistica, con santuari e architetture ispirate a questo animale. (Approfondisci qui -ENG-)
Belgio: il Festival dei Gatti a Ypres
Il Kattenstoet (Festival dei gatti) si tiene ogni tre anni la seconda domenica di maggio e la prossima edizione è prevista proprio per il 2015. Questa festa ha origini medievali, ma il suo significato è stato completamente capolvolto. Al tempo era una occasione per incitare alle crudeltà nei confronti dei gatti (in un periodo storico in cui i gatti, assieme alle “streghe”, venivano perseguitati in tutta Europa). Oggi invece si celebrano i felini con una sfilata di carri allegorici di strada, musica, trampolieri e paesani in costume, molti dei quali si vestono come gatti, streghe o topi. La festa culmina con una performance in cui un giullare getta un gatto di pezza dal campanile Palazzo del Tessuto, una tradizione che richiama le terribili edizioni medievali, quando venivano gettati gatti veri e propri.
Florida: la casa-museo di Ernest Hemingway
I fanatici dei gatti che sono anche appassionati di Hemingway troveranno il loro nirvana nella casa dello scrittore, a Key West. La grande casa in stile coloniale è il regno di circa 60 Maine Coon, tutti discendenti da “Snowball”, il gatto che un capitano di una nave regalò a Hemingway. Quasi la metà di loro sono polidattili, ovvero sono gatti che hanno sei o sette dita per zampa. Questa malformazione non nuoce alla salute generale del gatto e donano al gatto un aspetto distintivo. Hemingway assegnava ai propri gatti il nome di personaggi famosi e lo staff della casa-museo porta avanti questa tradizione.
I gatti dell’Ermitage, San Pietroburgo
L’Imperatrice Elizaveta Petrovna ordinò che “i gatti migliori e più grandi, adatti alla caccia dei topi” dovessero essere portati al suo palazzo per difendere la tranquillità di sua Maestà da topi e roditori, ma fu Caterina la Grande che li incoronò veri e propri ‘guardiani delle Pinacoteche’, dividendoli tra quelli per le sale interne e quelli da giardino. Da sempre accuditi come fedeli servitori, possiedono ognuno un passaporto con fotografia, elenco delle abilità e il nome, scelto sulla base del carattere. Questi “aristogatti” vengono celebrati durante la “Giornata del gatto dell’Ermitage” e godono di grande libertà: durante le numerose pause escono e si rilassano lungo le rive del fiume Neva.
Malesia: il Museo del Gatto di Kuching
Secondo credenze malesi (e generalmente in Asia), il gatto è un animale portafortuna e il Museo del Gatto di Kuching rende loro omaggio (in modo stravagante). Per entrare si attraversa una porta decorata con il muso di un gatto gigante e all’interno del museo troverete oltre 2000 oggetti, manufatti e statue dedicate ai gatti, provenienti da tutto il mondo. Il pezzo forte: la mummia di un gatto egiziano risalente a 1000 anni fa. Il museo si trova su una collina chiamata ‘Bukit Siol’ che si trova a 60 metri sul livello del mare e offre scorci meravigliosi di Kuching (che si traduce proprio in “città dei gatti”).
Paesi Bassi: il Kattenkabinet di Amsterdam
La collezione di questo singolare museo include manifesti, dipinti, manufatti e anche mobili legati alla storia dei gatti e dei suoi affezionati padroni. Il negozio dei souvenir offre una quantità incredibile di svariati oggetti che potrete acquistare per ricordare questo museo. Il logo del Kattenkabinet è ispirato all’illustrazione di Rudyard Kipling del suo racconto ‘il gatto che camminava da solo’.
Il santuario del gatto birmano nel Myanmar
I gatti birmani sono famosi in tutto il mondo, ma in epoca contemporanea il gatto birmano scomparve dal Myanmar. Ecco perché l’Inthar Heritage House ha intrapreso un programma di reintroduzione del birmano, in modo da “proteggere” questo patrimonio nazionale, la razza preferita dalla famiglia reale. Inoltre questa struttura è stata costruita riproducendo l’architettura delle costruzioni tradizionali che caratterizzavano questa zone ed è molto rinomato il ristorante, che offre piatti tipici, vegetariani e biologici creati utilizzando i prodotti del proprio orto, e il Inle Princess Resort (che include anche una SPA). Sembra proprio un luogo imperdibile anche per chi non è un fan sfegatato dei felini.
I Cat Cafe nel mondo
Oggigiorno sono stati inaugurati moltissimi “neko” in tutto il mondo. Ecco qui alcuni:
- Lady Dinah Cat Emporium a Londra, Inghilterra. Il primo cat cafe inaugurato in UK.
- Cat Town Cafe a Oakland, CA. È il primo cat cafe negli USA ma è anche un centro per le adozioni. Fonti locali consigliano di prenotare un tavolino se volete gustarvi una bevanda calda in compagnia di questi gattoni a stelle e strisce, perché è molto frequentato.
- MiaGola Caffè a Torino, il primo bar felino inaugurato in Italia. Mi sono ripromessa di andarlo a vedere il prima possibile assieme a una amica torinese… speriamo di riuscirci nei primi mesi del 2015!
Colonie feline “famose”
Italia: i gatti di Roma
L’area di Torre Argentina è il regno dei gatti, ma prima di tutto è un luogo di grande importanza storica e uno dei simboli di Roma. Fu proprio qui che Giulio Cesare venne colpito a morte da Bruto e dagli altri congiurati e le antiche vestigia dell’Area Sacra di Torre Argentina vennero riportate alla luce nel ’29. Sempre nel 1929 inizia la storia di questa colonia felina popolata da mici randagi (e poi anche abbandonati) che trovarono protezione tra i resti di questo sito archeologico e successivamente nelle cure di persone che volontariamente iniziano a occuparsi di loro, portando più o meno regolarmente del cibo. La gattara più famosa fu sicuramente la grande Anna Magnani, la musa del neo realismo cinematografico, che anche in casa viveva circondata di gatti e appena poteva portava personalmente il cibo ai mici di Torre Argentina. Attualmente le colonie censite a Roma sono oltre 400 e alcune contano anche più di 500 gatti, accuditi da circa 40.00 volontari. Ecco quali sono le più suggestive (oltre a Torre Argentina): troverete dei felini a presidiare la Porta Alchemica, in un angolo di Piazza Vittorio, nel quartiere Esquilino. Anche la Piramide Cestia e il Cimitero Acattolico di Roma ospitano una colonia, a riprova del legame che c’è tra i gatti e l’occulto. Infine potrete andare alla ricerca di 500 gatti che si nascondono tra le tombe ottocentesche dell’immenso cimitero monumentale di Campo Verano, la colonia felina più popolosa di Roma.
Paesi Bassi: il santuario galleggiante ad Amsterdam
I gatti e l’acqua di solito non hanno un buon rapporto, ma il Poezenboot, una colonia galleggiante sul canale Herengracht, ha avuto un grande successo tra i mici di Amsterdam. Tutto ha avuto inizio nel 1966 quando Henriette van Weelde-che, una leggenda locale, iniziò ad accogliere dei gatti randagi, costruendo un piccolo rifugio sotto un albero, proprio di fronte a casa sua. La voce iniziò a girare e i gatti iniziarono ad arrivare a decine nel suo giardino e infine nella sua casa. Presto lo spazio finì e fu allora che lei si chiese “se gli umani possono vivere in una casa galleggiante, forse possono farlo anche i gatti” e così nel 1968 acquistò infine una casa-imbarcazione, trasformandola in un rifugio per gatti bisognosi. La galleggiante gradualmente è diventata un’attrazione turistica e nel ’77 divenne necessario l’acquisto di una seconda barca. I visitatori possono fare volontariato, donare cibo, soldi e materiale utile oppure adottare i mici.
Curiosità: il Cimitero degli animali di Parigi
Se siete amanti degli animali in generale, potrebbe incuriosirvi il più grande cimitero di animali del mondo, che si trova a Asnières-sur-Seine, un comune nella periferia nord-ovest di Parigi. Qui sono seppelliti animali di tutti i generi, ma i veri protagonisti sono i cani (una statua di Barry, un famoso San Bernardo vissuto nel 19° secolo, segna l’ingresso del cimitero), e i gatti, una serie di lapidi elaborate commemorano felini famosi e anonimi.
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A proposito… questa è la piccola Snajda, adesso [novembre 2014, profondo sospiro di sollievo]: Quando dorme quasi non si intuisce l’inferno in cui è rimasta intrappolata per una settimana, prima di trovare le forze e le capacità di tornare dalla sua famiglia, nel bel mezzo di un sabato sera piovoso. Quando si sveglia, ed apre un occhio solo, si può udire solo un eco lontano del dolore che ha provato. Questa esperienza però le ha lasciato molto di più… di un occhio in meno. La sua indole è cambiata. Adesso non litiga più con le sue sorelle adottive, non si allontana troppo da casa ed è sempre alla ricerca di una quantità di coccole inimmaginabile. Dulcis in fundus: adesso si fa portare dal veterinario senza fare storie, è così tranquilla che la veterinaria non riesce nemmeno ad auscultarle il cuore perché non smette di fare le fusa, come se avesse capito che è anche grazie alla capacità dei dottori che è salva.
E poi c’è chi dice che i gatti non siano intelligenti…
6 Comments
Io sono stata a Kuching perché avevo letto sulla guida che era la città dei gatti, ma l’ho trovata bruttissima! Ci sono gatti, vero, ma sono sculture giganti super kitsch e la città in sé non vale il viaggio, infatti sono andata via dopo aver fatto l’escursione della giungla del Borneo perché a parte quello era davvero tutto poco interessante :(
il Kattenkabinet di Amsterdam è veramente un posticino piacevole, diverso dalle solite attrazioni di Amsterdam, ci sono stata parecchi anni fa e ancora oggi, se devo dare qualche dritta differente su Amsterdam, mi viene in mente quel museo! :)
Ciao, ho letto il tuo post ma la storia della tua gatta, compreso il suo epilogo, non mi ha fatto tenerezza, solo molto tristezza. Avresti potuto evitarle tutta quella sofferenza e di rischiare la vita se solo avessi evitato di farla uscire liberamente. L’idea che un gatto, per essere felice debba poter girovagare liberamente e così essere esposto ai pericoli della strada e delle persone malintenzionate (perchè sicuramente la tua gatta è stata picchiata) si scontra con la dura realtà delle cose: i gatti che escono prima o poi restano tutti vittime di un incidente o di un maltrattamento, senza contare che il rischio di contrarre malattie si impenna clamorosamente. Perdonami se sarò diretta, ma non è amore esporre il proprio gatto a questi rischi.
Ciao Laura,
ti ringrazio per aver lasciato un commento con la tua opinione.
Dopo l’incidente ho pensato la stessa cosa.
Poi però ho riflettuto che i gatti (se possibile) è bene che siano liberi, in particolare se sono stati abituati così fin da piccoli e se le condizioni lo permettono. Snajda per quasi tre anni è stata costretta a vivere in casa senza poter uscire (perché abitavamo in un appartamento e comunque in una zona molto trafficata) e la sua tristezza era tale che sviluppò dei comportamenti nervosi e da quando può di nuovo uscire è la gatta più equilibrata e dolce del mondo. I gatti sono spiriti liberi, molto ben diversi dai cani, e ti assicuro che se proviamo a chiuderli in casa reagiscono immediatamente con panico e ansia, mentre nel lungo periodo sviluppano manie, diventano irritabili e perdono vitalità. Pisa non è una grande città, abitiamo al piano terra e abbiamo il giardino (che volevamo espressamente per i gatti) che si affaccia su altri giardini privati e non sulla strada. Il quartiere è residenziale, pieno di verde e le strade non sono molto trafficate, anzi di notte non passa quasi nessuno.
Solo perché vogliamo bene a qualcuno, non possiamo chiuderlo in una prigione dorata, anche noi esseri umani rischiamo in continuazione (aggressioni per strada, incidenti, infezioni etc) eppure continuiamo a fare le nostre vite e difficilmente ci accontenteremmo di rimanere rinchiusi in casa/gabbia. Detto questo ognuno è libero di fare le scelte che crede siano migliori per il proprio animale, io le ho viste felici quando possono uscire e infelici quando non possono, anche se dovessero vivere qualche anno in meno lo faranno al massimo, godendo a pieno ogni istante. Kinzica.
Che bellissimo articolo.. si vede che è stato scritto con cura! e poi, per chi ama i gatti, sono mete imperdibili…ignoravo bellamente della colonia galleggiante di Amsterdam ..non è che possiamo cominciare ad aprire dei cat cafè anche in Italia? Un bacio alla piccola Snajda.
Ciao Cristina! Grazie mille per i complimenti. in Italia esistono già i Cat Cafe ed a Torino ce ne sono ben due! Io non sono ancora riuscita a visitarli, ma appena vado a trovare una mia amica che abita lì so già dove andare ;))