Beato chi non si aspetta nulla, perché non resterà mai deluso. Alexander Pope
Nel 2014 ho avuto la fortuna di fare un viaggio in Cina. Ho accompagnato un gruppo folcloristico della provincia di Pisa al Festival Internazionale del Turismo di Beijing. Il mio ruolo era documentare con video e foto questa avventura e quindi non c’è stato tantissimo tempo di esplorare e visitare i luoghi in cui siamo stati. Nonostante questo, la Cina ha lasciato un segno.
Prima di partire vi ho raccontato 15 cose da sapere prima di partire per la Cina e il Festival Internazionale del Turismo di Beijing, adesso voglio raccontare 10 cose che non dimenticherò della Cina:
I balli di gruppo in strada: 广场舞
Questa è una attività molto popolare in Cina. Le persone si ritrovano in strada per ballare assieme, accompagnati dalla musica diffusa da un altoparlante portatile. Esistono diverse modalità, ma quella più comune prevede la disposizione in file, seguendo delle coreografie con movimenti non troppo veloci, che spesso derivano da balli tradizionali. Un’altra forma diffusa è a coppie, disposti su due file una di fronte all’altra. È una forma di ginnastica dolce, gratuita, divertente che serve a rafforzare i rapporti nella comunità. Solitamente i partecipanti sono donne di mezza età, ma può partecipare chiunque, giovani e adulti, uomini e donne, cinesi e non. A Beijing abbiamo passato tutte le sere a ballare ed è stato davvero divertente.
La pulizia delle strade (principali)
L’impressione è che ciò che conta sia l’apparenza, poi bagni, ristoranti, strade secondarie possono anche essere lasciate a se stesse. Portatevi sempre tanti fazzoletti perché la carta igienica, a volte, non la troverete nemmeno nel vostro albergo. E dotatevi di pazienza, pare che tirare lo sciacquone sia un optional. Nella storia della pulizia non prendo nemmeno in considerazione la radicata abitudine di sputare, prendendo pure la ricorsa… che poi mi chiedo: ma cosa avranno mai da espellere? No, davvero. Voi sentite spesso il “bisogno” di sputare? Misteri della saliva cinese.
Le conversazioni italiano/cinese e i sorrisi
Vi è mai successo di immaginare una conversazione con qualcuno? Sai quando tu racconti le cose che vorresti dire e t’inventi risposte, battute, magari per prepararti a un colloquio oppure per un chiarimento con un* amic* o una vecchia fiamma? Ecco, in Cina mi è capitato almeno tre o quattro volte di portare avanti conversazioni immaginarie con qualche passante. Può sembrare strano e non so se capita proprio a tutti, ma alcune persone (solitamente di mezza età) mi hanno rivolto la parola (in cinese) e nonostante il mio tentativo di spiegare che non parlavo la loro lingua, questi simpatici signori e signore sono andati avanti a conversare. A quel punto nella tue testa possono scattare due meccanismi: disagio, che ti porta ad andartene via infastidito, oppure curiosità, che ti porta ad accettare la situazione. Quindi immaginatevi io che racconto da dove vengo, chi siamo, quanto stiamo in Cina, rispondendo alle domande (o alle affermazioni… chissà) di questi/e signori/e. La prima volta è strano, dalla seconda in poi non vedi l’ora che qualcuno ti rivolga la parola. Chissà, magari mi hanno offeso in mille modi, ma voglio credere che “ci siamo capiti” grazie ai sorrisi, al linguaggio del corpo, al fatto che al di là della lingua le domande che una persona ti può fare in una situazione del genere siano universali: “Ciao, sei diverso da me e sono curios* di sapere da dove vieni, cosa vedrai nel mio paese, quanto ci rimani e se il mio mondo ti piace”.
Non so dirvi se ero più io a sorridere un po’ a chiunque o erano gli altri ad illuminarsi, so solo che moltissimi degli scambi umani che hanno colorato il mio viaggio in Cina sono stati caratterizzati da momentanee paresi facciali, tra risate, sorrisi e lievi inchini. Ricordate il sorriso dei sofficini Findus nella pubblicità? Ecco, è proprio questa l’espressione che ha caratterizzato questo viaggio. Sorrisi ampi, generosi e luminosi.
La quiete surreale della Grande Muraglia avvolta nella nebbia
Quando visito i grandi monumenti, famosi in tutto il mondo, simbolo di un paese, spero sempre che ci sia bel tempo. Vuoi mettere ammirare il Taj Mahal delle foto patinate, che domina un cielo carico di azzurro terso, circondato dal verde brillante dei suoi giardini? Ecco, se fate un viaggio in India durante la stagione secca preparatevi a un cielo piatto, spento, con un gradiente di colori che va dal grigio al marroncino. Le piante? sono soffocate da strati e strati di polvere e smog. Bellezza decadente, molto decadente. Per la Grande Muraglia, un serpente che si snoda tra le montagne affrontando salite e discese ripidissime, sarebbe stato decisamente più fotogenico un bel cielo azzurro, magari popolato di nuvole rigonfie e bianchissime. La realtà è che in questa zona il bel tempo è assai raro ed è molto più probabile vederla avvolta nella nebbia fitta, bagnata da una pioggia finissima. A differenza di altri monumenti, la Grande Muraglia nella nebbia è proprio nel suo elemento.
“Bella Ciao” in cinese
Proprio così! A Tianjin ho assistito a un concerto rock all’aperto, nel cuore commerciale della città e tutt’a un tratto mi è parso di sentire un ritornello a me ben noto… è possibile?
La popolarità internazionale di Bella ciao si è diffusa alla fine degli anni quaranta fino a raggiungere il massimo della diffusione negli anni sessanta, soprattutto durante le manifestazioni operaie e studentesche. Successivamente è stata esportata nel mondo, forse grazie anche al testo “neutro” che si rivolge a un generico “invasore”, e si è diffuso tra i movimenti di Resistenza in tutto il mondo. Anche in Cina. Sentire un inno di resistenza contro l’oppressore, chiunque esso sia, nella nazione del partito unico comunista è una esperienza surreale, emozionante, che ti fa tremare di emozione e angoscia. Non ho resisto ed ho intonato il testo, quello in italiano, poi ho incrociato lo sguardo di Francesco, un ragazzo della Montesina, anche lui mi ha guardato come a dirmi “ti rendi conto della fortuna che abbiamo ad essere qui, adesso?”. Poco dopo una signora mi ha attaccato bottone (in cinese), forse era curiosa di sapere come mai conoscevo quella canzone e gliel’ho detto (*vedi: conversazioni italiani/cinese).
Quello era anche il momento in cui ad Hong Kong migliaia di manifestanti stavano organizzando proteste e occupazioni di strade e piazze (che sono poi durate tre settimane) e di cui non avremmo saputo niente se non ce l’avessero detto i nostri familiari dall’Italia. Più volte ho provato a chiedere alle nostre guide informazioni su cosa stesse succedendo là, ma nessuno sapeva niente o non poteva dirlo.
> Presto caricherò il video!
L’importanza del galateo
Prima di partire ho letto un po’ di articoli sulla comunicazione non verbale, sulle differenze culturali, sugli usi e costumi della Cina, per provare a fare del mio meglio una volta arrivata là. Essendo una cultura completamente diversa dalla nostra è stato difficile ricordarsi tutti le regole da seguire nella speranza di iniziare un dialogo positivo e uno scambio vero e proprio sfruttando il linguaggio del corpo, visto che non è sempre facile comunicare in inglese. Una delle primissime regole da memorizzare riguarda lo scambio di doni, che sono sempre, sempre, necessari quando veniamo ospitati.
Una cosa da evitare assolutamente è usare i piedi per azioni che possono essere compiute con le mani (come ad esempio spostare un oggetto a terra, o la valigia mentre si è in fila).
Una delle cose più difficili da capire è come “gestire lo sguardo”. Fissare negli occhi uno sconosciuto è segno di maleducazione, un po’ come in Italia, ma in tutte le altre situazioni è assolutamente accettato, anzi, se durante una conversazione continuate a volgere lo sguardo altrove potreste mettere a disagio il vostro interlocutore, perché si sentirebbe trattato come un completo sconosciuto. Questa è la teoria.
Al Copy Market di Beijing ho seguito due estenuanti trattative: da una parte, al piano della tecnologia, solo uomini (due italiani e un cinese); dall’altra, al piano delle borse, solo donne (due italiane e una cinese). Tra queste due trattative la più vincente è stata quella di Veronica e Simona, che hanno ottenuto borse e borsellini a prezzi stracciati e in tempo record. Il loro segreto? Ho notato che durante la contrattazione spesso le ragazze volgevano lo sguardo altrove (senza farlo di proposito) e insistevano sulla quantità di oggetti acquistati. È possibile che la loro gestione dello sguardo abbia fatto sentire la venditrice a disagio, convincendola ad abbassare il prezzo in modo notevole.
Come dice Francesco Boggio Ferraris, responsabile della Scuola di formazione permanente della Fondazione Italia Cina di Milano, “L’universo culturale cinese, nonostante i decenni rivoluzionari del maoismo, affonda ancora le sue radici nella tradizione confuciana“. Ogni scambio sociale è scandito da regole di comportamento che devono essere rispettate se vogliamo interagire con successo con i cinesi. Che sia per motivi economici, che sia per interesse culturale, ci sono dei rituali che vanno compresi, messi in atto e ripetuti. Ci sono 5 elementi chiave per gestire i rapporti d’affari con i cinesi, che secondo me possono essere applicati anche in qualsiasi rapporto interpersonale: la comunicazione implicita e il linguaggio del corpo, l’ascolto, le buone maniere, cura e rispetto della rete sociale, e la reciproca credibilità. Questo mondo, che per noi può sembrare rigido, attira la mia curiosità e il mio interesse antropologico.
L’obbedienza cieca
Per la mia esperienza in Cina posso dire che questo popolo non eccelle nell’organizzazione. La gestione è spesso fumosa, caotica, quasi improvvisata. Non so perché, ma l’aspettativa era diversa. Credevo che ci sarebbero state impartite istruzioni rigide e chiare, tempistiche quasi militaresche e guide preparatissime. Immagini le loro immense parate, la cerimonia di apertura dei Giochi della XXIX Olimpiade e pensi che non sarebbero possibili senza un’organizzazione impeccabile.
In realtà l’unico ingrediente che padroneggia è la rigida disciplina, la cieca obbedienza, quella che ti porta a rispettare gli ordini che ti vengono impartiti senza discutere, senza mettere in dubbio l’autorità.
Giusto per fare un esempio: il sesto giorno in Cina il gruppo folk La Montesina dove esibirsi in un centro universitario dedicato all’enologia. Sveglia all’alba e all’orizzonte solo tanta pioggia. Arriviamo al cancello d’ingresso di questa università e la nostra guida ci dice che dobbiamo aspettare il nulla osta per entrare. Nel frattempo passano 30 minuti, poi altri 30, poi altri 30 e noi siamo ancora chiusi in un bus senza bagno e senza tanto spazio per muoverci un po’. Io chiedo alla nostra accompagnatrice il perché di questo intoppo. Ci viene detto che “queste sono le istruzioni” e che i componenti del gruppo “devono mettersi le divise sul bus perché dopo non avranno tempo per cambiarsi”.
Che senso aveva partire così presto per poi dover rimanere in un bus fermo in un parcheggio per ben due ore? Possibile che non avessero una stanza dove potevamo attendere il momento dell’esibizione? Sicuramente c’era, ma se una cosa non è prevista nel protocollo, non viene indicata dal superiore, semplicemente è un’opzione inesistente, impossibile da considerare. E questo non è tutto. I ragazzi che ci hanno portato all’interno con le caddy (stile macchina da golf) sono stati due ore fuori al freddo e alla pioggia, solo perché poteva arrivare il permesso di entrare da un momento all’altro. Da parte loro non un lamento, non un rapido consulto tra di loro per vedere se era il caso di chiedere di rientrare fino all’effettivo momento del transfer. Che senso ha?
La bellezza struccata dei mercatini e delle strade secondarie
A Beijing non ho avuto molto tempo per esplorare la città e non ho nemmeno ho allungato il naso negli Hutong, i vicoli e le stradine più tradizionali (ecco uno dei motivi per cui devo tornare in Cina al più presto). Ma a Tianjin, una municipalità di 12 milioni di abitanti, a Nord-Ovest della Cina che dista circa 140 km da Pechino, ho avuto la possibilità di vivere una esperienza genuina in mezzo alla popolazione locale.
Questa regola non varrà per tutta la Cina e un po’ di prudenza fa sempre bene quando si viaggia, ma io mi sento di dirvi di perdervi tra i vicoli, nei mercatini lontani dai luoghi turistici. Qui ho vissuto una delle più belle esperienze di viaggio di tutta la mia vita, che merita un racconto a parte. Per il momento posso dirvi che non c’è niente di più gratificate del sentirsi parte integrante di qualcosa di così diverso e lontano da casa propria. Curiosità: questa magnifica città è gemellata con Milano.
La curiosità silenziosa dei cinesi
Vi ho già detto delle misteriose conversazioni italiano/cinese, ma anche quando non parlano non mancano di dimostrare la loro curiosità avvicinandosi, per guardarti con curiosità, per scoprire chi sei, da dove vieni e dove andrai. La loro presenza è sempre rispettosa, silenziosa e non ha altri fini oltre a quello di conoscerti. Credo che i cinesi risentano molto della chiusura imposta dall’alto, perché sembrano tutti molto interessati “al diverso”.
Il ruolo centrale dell’acqua nella cultura cinese
Il Feng Shui, che significa “vento e acqua”, è l’arte millenaria cinese che promuovere l’equilibrio tra l’ambiente esterno e i flussi di energia che lo percorrono. Nella cultura cinese i 5 elementi (meglio definiti come 5 movimenti) rivestono un ruolo centrale nella vita di tutti i giorni perché non sono considerate come categorie statiche alla base dell’Universo, ma sono categorie dinamiche per interpretare la realtà spazio-temporale. Sono cinque fasi che hanno determinate qualità e che si susseguono ciclicamente. In questo contesto filosofico l’acqua è adattabilità, cambiamento, vita. Nell’equilibrio energetico, l’acqua è fondamentale per calmare ed attenuare.
In ogni edificio c’è una fontana d’acqua posizionata davanti all’entrata, che serve ad irradiare l’ambiente di energia positiva e fortuna ogni volta che la porta viene aperta. Se volete anche voi “fengshuizzare” una stanza, ricordatevi che l’acqua deve essere in movimento e che il punto in cui viene posizionata la fontana è fondamentale. Bene, come avrete capito l’acqua è sostanzialmente onnipresente in Cina… tranne nel luogo in cui ci aspetteremmo di trovarla: a tavola.
A questo punto viene spontaneo chiedersi se i cinesi riescano a mangiare senza bere. I cinesi generalmente non bevono a tavola poiché i piatti della loro tradizione sono sufficientemente idratati e in tavola non mancano mai le minestre. In ogni caso se decidono di bere, la bevanda che segue i pasti è il tè caldo. Ogni città, ogni zona in Cina ha il suo tè e a Beijing troverete soprattutto quello al gelsomino. All’inizio non è facile abituarsi, ma fortunatamente l’aroma del gelsomino è molto delicato e dopo pochi giorni si iniziano ad apprezzarne le qualità.
Foto di Kinzica Sorrenti
5 Comments
bellissima esperienza..vorrei andarci anche io in Cina!!
http://www.bbmarcopolo.com/it/
Sei stato fortunato a trovare la muraglia cosi deserta! dove sei andato? quando ci sono andato io era un gran caos di gente, tutti cinesi, che fanno un gran bel casino. bella, pero sicuramente te la godi di piú senza anta gente… immersa nella nebbia
Ciao Riccardo, sono stata a Badaling ed era il 1° ottobre, nel tratto più visitato della Muraglia Cinese. Quindi immagino di esser stata fortunata ad aver trovato la pioggia, almeno non ho dovuto sgomitare. Immagino che con tutta quella gente buona parte della magia sia impercettibile, no? Comunque che fatica salire gli scalini, ero davvero distrutta!
Son queste le cose che riescono a farti restare un paese nella testa… più di qualsiasi paesaggio o monumento, è la vita del posto a contare davvero.
Bello, grazie Kinzi!
Grazie Lucia :) sì, sono convinta anche io che sia così!