Post e foto di Damiano Paganelli
Parlare di Sarajevo non è un’impresa semplice. Per questo ci tengo a fare una premessa: se volete fare un viaggio a Sarajevo, fatelo con la consapevolezza di recarvi in una città ferita, che non dimentica i quasi quattro anni di assedio (5 aprile 1992 – 29 febbraio 1996); che non dimentica i quasi 12000 morti prodotti dal conflitto, molti dei quali bambini; che non dimentica le atrocità subite dalla popolazione civile durante quei maledetti anni. Non preoccupatevi, lo stucco sulle facciate dei palazzi di periferia che mal cela i buchi provocati dai colpi di artiglieria e gli immensi cimiteri che compaiono all’improvviso fra le case, ve lo ricorderanno in ogni istante.
Ecco, adesso che ne siete consapevoli, sappiate che troverete tutto il contrario di ciò che vi sareste immaginati.
Sarajevo è una città viva, vivace e straordinariamente multiculturale: un melting pot di culture si alterna per le viuzze della Baščaršija, l’antico quartiere turco, dove nel giro di poche centinaia di metri si incontrano diverse moschee, la cattedrale cattolica, quella ortodossa e la sinagoga, e dove ragazze di fede islamica passeggiano con i loro coloratissimi chador, mentre altri ragazzi ortodossi, cattolici, o chissà cosa, si muovono con il passo svelto degli indaffarati, tipici di ogni capitale europea. Al tramonto poi, i ragazzi si ritrovano senza alcuna distinzione davanti ad una pinta di Sarajevosko, oppure a fumare narghilè in uno dei tanti pub e locali che affollano la strada che conduce all’Hotel Europe.
La “piazza dei piccioni” (mai nome fu più azzeccato) rappresenta il cuore della Baščaršija.
Al centro della piazza si trova il Sebilj, una grande fontana dalla quale sgorga acqua potabile che, a detta degli abitanti di Sarajevo, è una delle più buone al mondo. Salendo verso la collina adiacente, si attraversa la “via delle botteghe”, dove gli artigiani lavorano il rame e l’alluminio per produrre le tipiche Jezvah, utilizzate per preparare per il caffè bosniaco, molto gettonate dai turisti.
In cima alla collina si trova lo Žuta tabija (bastione giallo), dal quale è possibile godere di un magnifico panorama su tutta la città. La Baščaršija si estende sul lato nord del fiume Milijacka, tra due costruzioni simbolo del passato turbolento della città: il Ponte Latino e la Vjećnica.
Il Ponte Latino fu sfondo di uno degli episodi più importanti della storia contemporanea, l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto il 28 giugno 1914, che scatenò formalmente l’inizio della Prima Guerra Mondiale; la Vjećnica è invece il nome della Biblioteca Nazionale ed Universitaria di Bosnia ed Erzegovina, un curioso palazzo a strisce gialle e rosse che ricorda gli edifici moreschi dell’Andalusia, che oggi ospita il Consiglio Municipale della città.
Nella notte tra il 25 ed il 26 agosto 1992, l’edificio fu volutamente incendiato dalle truppe serbe per distruggere quello che rappresentava il cuore della storia e della cultura bosniaca: più di due milioni fra libri, periodici e documenti di grande importanza svanirono per sempre fra le fiamme. Dopo quasi venti anni di ricostruzione, la biblioteca è stata riaperta il 28 giugno 2014, in occasione del centesimo anniversario dell’assassinio di Francesco Ferdinando.
La sensazione che si ha nel visitarla non è facile da descrivere: da un lato c’è la commozione, la gioia di poter rivedere un simbolo tanto importante per la città risorto dalle ceneri come l’araba fenice; dall’altro lato, le vernici ancora fresche, le grandi stanze vuote al piano superiore, i colori fin troppo sgargianti delle pitture, lasciano nel cuore un senso di amarezza, di malinconia, di impotenza, di spaesamento.
Cosa vedere a Sarajevo
Il Museo del Tunnel
Il museo del tunnel si trova a Butmir, circa sette chilometri dal centro di Sarajevo, unico quartiere periferico che durante gli anni dell’assedio rimase in mano ai bosniaci musulmani, e che riuscì a mantenere un contatto con il mondo esterno. Il tunnel fu scavato per 800 m sotto la pista di atterraggio dell’aeroporto controllato dalle Nazioni Unite che, sebbene fosse considerato zona neutra, non poteva essere attraversato senza correre il rischio di essere uccisi dai cecchini o dalle mine antiuomo sparse nei campi adiacenti.
Il tunnel, che garantì rifornimenti di viveri ed armi ai cittadini assediati, è oggi in gran parte crollato, ma il museo ne preserva un tratto di venti metri, che rende benissimo l’idea di cosa significasse sopravvivere a Sarajevo durante gli anni dell’assedio.
Srebrenica Exhibition
La mostra fotografica racconta gli orrori del genocidio di Srebrenica, piccolo paese al confine con la Serbia, dove più di ottomila bosniaci musulmani vennero massacrati dalle truppe serbe comandate dal generale Mladic.
L’esposizione è forte, intensa, ti segna dentro. Le visite guidate partono circa ogni mezz’ora e le consiglio caldamente. La visita è molto lunga perché oltre all’esposizione fotografica ci sono filmati e testimonianze, per cui il mio consiglio è quello di suddividere la visita, dato che il biglietto d’ingresso permette l’accesso su più giorni.
La particolarità di Sarajevo
I cimiteri
A dirla così sembrerebbe qualcosa di macabro, ma in realtà non lo è affatto. Qui i cimiteri non hanno un luogo ben definito: durante gli anni dell’assedio, il numero di morti fu talmente alto che si cominciarono ad allestire aree per la sepoltura ovunque, persino nel terreno dello stadio che nel 1984 aveva ospitato le Olimpiadi invernali.
I cimiteri di Sarajevo sbucano tra una casa e l’altra, senza preavviso, ma la sensazione che si ha è tutt’altro che di fastidio: sono una sorta di mausoleo, di monumento, per ricordare a tutti noi ciò che provoca l’odio tra gli uomini.
Dove mangiare a Sarajevo
La cucina bosniaca è sostanziosa ma decisamente poco varia: nella Baščaršija potrete trovare una serie infinita di ristoranti che preparano piatti a base di carne come cevapi o pljeskavica, oppure i tipici burek ripieni di carne, formaggio o verdure. Quando non ne potrete più di mangiare carne (e credetemi, non ne potrete più), il mio consiglio è quello di fare un salto da “Sushi San”. Sì, anche a me ha fatto strano mangiare sushi a Sarajevo, ma il proprietario di questo minuscolo bistrot ha appreso l’arte della preparazione a San Francisco, in uno dei migliori ristoranti della città. Ricordatevi i “California Roll”, sono da provare.
E già che ci siete, fermatevi da slastičarna (pasticceria) Amaris, sulla stessa strada, per soddisfare la voglia di dolce. Vi consiglio: Bombica Boem e Torta Reform.
Dove dormire a Sarajevo
Se viaggiate da soli, o semplicemente avete voglia di scambiare quattro chiacchiere con la gente del posto, l’Hostel Like è ciò che fa per voi. È uno dei pochi posti dove si entra come ospiti e si esce come amici. Sacha è il tuttofare dell’ostello e si farà in quattro per soddisfare ogni vostro desiderio. Se poi capitate durante una serata in cui gioca la nazionale bosniaca di calcio, forse ci scapperà anche qualche birra offerta, qualunque sia il risultato.
2 Comments
A me i cimiteri, anche fotograficamente parlando, piacciono molto e durante i miei viaggi cerco sempre di visitarne uno.
Come dice giustamente Damiano, sono dei luoghi che servono per non dimenticare
Una volta abbiamo visto un documentario di un viaggio attraverso i continenti per visitare esclusivamente i cimiteri, dal rapporto con la morte si possono capire tante cose sulla popolazione locale!