L’immaginario turistico condiziona fortemente la nostra percezione. Nella pratica moderna del viaggio, quella turistica, tutti si muovono in un quadro di immaginari precodificati. Nessuno si reca in un luogo del tutto sconosciuto. Quando si sceglie la meta del viaggio o della vacanza, lo si fa sulla base di immagini, di filmati, di letture già acquisite. Si va in un posto perché si pensa di sapere come quel luogo è. (…) Il viaggio, da scoperta, diventa così sempre più una forma di verifica e sono pochi i turisti di oggi che potrebbero condividere le parole di André Gide, in Voyage au Kongo, a chi gli chiedeva cosa andava a cercare laggiù, rispondeva: «Aspetto di essere lì per saperlo». (L’altro e l’altrove – Antropologia, geografia e turismo. M. Aime, D. Papotti)
Cosa sono i Dialoghi nel Buio? sono il fulcro della mostra ospitata nella sede dell’Istituto dei Ciechi di Milano. Un percorso che si compie in totale assenza di luce, accompagnati da esperte guide non vedenti, che permette di sperimentare un nuovo modo di guardare. Un viaggio vero e proprio in un mondo parallelo e sconosciuto. Non necessita di aerei, treni, bus o navi: l’ampiezza dello spostamento è minima, perché il movimento è profondità, come per un viaggio al centro della terra. In questo caso però non si scava puntando al magma, ma si intraprende un viaggio dentro se stessi e dentro l’essere umano.
È necessaria una premessa: io lavoro nel mondo di internet e del digitale, mi occupo di comunicazione visuale quasi 18 ore al giorno e decanto la sua importanza e la sua efficienza come fosse un mantra. Quasi tutte le mie azioni quotidiane, occupandomi di Social Media, sono votate alla ricerca del miglior veicolo visuale per diffondere un certo messaggio. Non credete di essere meno succubi del regno delle immagini solo perché fate un lavoro diverso dal mio: che voi siate assistenti sociali, camerieri, operai, carpentieri, dottori, banconiste, cuochi, maestre, ingegneri, piloti, badanti, matematici o pensionati siete tutti vittime e carnefici della comunicazione visuale. Proprio pochi giorni fa, durante un incontro formativo sullo storytelling visuale chiedevo alla platea: “Da quando la comunicazione visuale è così efficace?”
Il nostro cervello, il nostro linguaggio sono fatti per favorire questo tipo di comunicazione e anche quando parliamo, scriviamo o quando pensiamo lo facciamo per metafore*. Il dominio della vista quindi non è casuale, e allora gli altri sensi? Coesistono, collaborano, ma il protagonista assoluto è certamente la vista. L’udito forse lo percepiamo come un co-protagonista, d’altronde quando in una folla sentiamo il nostro amico che ci chiama, ma non lo vediamo, ci orientiamo grazie all’udito. Il tatto è onnipresente e fondamentale, ma è un po’ come Repetto degli 883, c’è sempre però passa quasi inosservato; solo quando svanisce ci si accorge della sua importanza. L’olfatto è la guest star ospite in una puntata di una serie televisiva, in modo gradito o spiacevole fa la sua apparizione e spesso ci riporta in luoghi lontani nel tempo, scavando nella memoria.
Cosa succede quando si entra in un percorso dove il senso principale viene escluso dal gioco? è buio, davvero buio pesto. Non è quell’oscurità a cui dopo poco l’occhio si abitua; è un’oscurità totale, che non abbiamo mai sperimentato. Prima di entrare una guida vedente spiega poche cose, fondamentali, e accompagna i visitatori nel primo corridoio in cui la luce, un poco alla volta, diminuisce fino ad arrivare alla prima stanza, nera come come la pece. Solo a questo punto è il momento di incontrare la guida non vedente, in una sorta di incontro alla pari. Come mi sono sentita? Spersa, vulnerabile ed emotiva. Per qualche minuto (o forse per pochi istanti, ma il senso del tempo è distorto in questo mondo sconosciuto) ho avuto la sensazione di non potercela fare, volevo scappare, mi veniva da piangere. Ho avuto una piccola crisi di panico perché non riuscivo ad avere il pieno controllo del mio corpo e delle mie azioni. Cercando di seguire la voce di Mario, la mia guida, ipovedente dalla nascita e ormai quasi completamente non vedente, ho sentito la schiena di un’altra persona, con un po’ di imbarazzo ho chiesto scusa e poi ho domandato: “Chi sei?”.
Non voglio raccontarvi nello specifico cosa succede durante il percorso, vi rovinerei la sorpresa e non ci sarebbe quella bellissima emozione del visitare un luogo mai visto, non precodificato. Posso solo dirvi che alla fine del percorso, è stupendo scoprire la magia delle voci delle persone, del poterle sentire con il tatto e con l’udito senza però sapere come sono fatte fisicamente. Si scopre come le emozioni, che di solito sono interpretate grazie al linguaggio non verbale (postura, espressioni facciali, gesti), siano trasmesse anche dalla vibrazioni del corpo e della voce. Durante il percorso è inevitabile toccare le altre persone, sconosciute, e non tutte sono rilassate e aperte al tatto. Io ho trovato questo senso molto rassicurante ed in qualche modo è quello che prende il sopravvento anche perché non ha limiti quantitativi per essere apprezzato. L’udito è importantissimo, ma ha bisogno di pochi stimoli per funzionare bene, una stanza piena di rumori diversi e provenienti da più direzioni è quasi insopportabile e lì ho avuto il mio secondo momento di disagio. La prossima volta che sarò a Milano cercherò di sperimentare la cena e l’aperitivo al buio, per ritrovare il gusto dei sensi e poter guardare la realtà senza i condizionamenti dell’immagine.
Il dialogo nel buio è una conversazione con altre persone, con gli oggetti, con se stessi che si sviluppa su un piano completamente diverso e inimmaginabile. È una conversazione in cui non esistono distinzioni sociali, non esiste il ricco, il brutto, il povero: è come se tutte le differenze si azzerassero e si ripartisse da capo, un mondo diverso, nuovo.
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*La metafora (dal greco μεταφορά, da metaphérō, «io trasporto») è un tropo, ovvero una figura retorica che implica un trasferimento di significato. Si ha quando, al termine che normalmente occuperebbe il posto nella frase, se ne sostituisce un altro la cui “essenza” o funzione va a sovrapporsi a quella del termine originario creando, così, immagini di forte carica espressiva.
Informazioni pratiche
DIALOGO NEL BUIO: percorso della durata di un’ora e mezzo circa su prenotazione (Tel. 02 77 22 62 15). PREZZI: intero euro 15,00 Ridotto euro 12,00 (fino a 18 anni, più di 65 anni, studenti con tesserino fino a 26 anni, disabili e accompagnatore) Scuole euro 10,00 (insegnanti e accompagnatori gratuiti – uno per ogni turno di visita) tariffa speciale di € 8,00 a ragazzo (insegnanti e accompagnatori gratuiti – uno per ogni turno di visita) valida fino al 31 ottobre 2012 nella fascia oraria dalle 12.00 alle 16.00 Bambini fino a 6 anni, ingresso gratuito. http://www.dialogonelbuio.org/
- martedì e mercoledì 9.15 – 17
- giovedì e venerdì 9.15 – 22.00
- sabato 9.45 – 22.30
- domenica 13.30 – 20.15
CAFÉNOIR: Aperitivo al buio con musica dal vivo giovedì, venerdì 18.30 – 22.00 sabato 18.30 – 22.30 Ingresso libero senza prenotazione.
TRATTONERO: Cena al buio Euro 50,00 Per maggiori informazioni vai alla pagina di TrattoNero
Istituto dei Ciechi di Milano, in via Vivaio 7. MM Linea 1: fermate San Babila e Palestro.Autobus: Linee 54, 61, 94.
Tram: 29, 30, 23, 9.
Parcheggi: Via Mascagni e Viale Majno.
3 Comments
ciao!
esperienza intensa anche solo leggendola!
Mi permetto di condividere questo post in un gruppo su Facebook (adotta1blogger)
Se avete voglia veniteci a trovare!
Hai fatto benissimo Susanna, grazie :D
Grande riflessione! ci si rende conto di quanto siamo fortunati solo quando riusciamo a provare quelle sensazioni e emozioni che le persone meno fortunate vivono quotidianamente.
Un evento del genere penso che possa far rivalutare alcuni gesti naturali che in una situazione del genere possono essere fondamentali.
Conoscevo la cena al buio ma non sapevo dell’esistenza di un vero e proprio percorso.
Deve essere molto emozionante.
Le situazioni di panico immagino che siano piuttosto comuni!
A presto
Andrea